Con la presente, Progetto Antenne Migranti, ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), Osservatorio Migranti Verona, Progetto Melting Pot Europa, LasciateCIEntrare, intendono evidenziare i profili di illegittimità della nota fasc. 66/2017, emessa dalla Prefettura di Verona in data 22/09/2017 e avente ad oggetto “Disposizioni e integrazioni dei regolamenti interni dei Centri di Accoglienza”, la cui valutazione non può prescindere da una più ampia analisi del quadro normativo nazionale e dell’Unione Europea.
Come noto il D. Lgs. 142/2015, a cui la nota in oggetto fa riferimento, ha trasposto in Italia la Direttiva 2013/33/UE che stabilisce norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e che “si applica a tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese la frontiera, le acque territoriali o le zone di transito, purché siano autorizzati a soggiornare in tale territorio in qualità di richiedenti, nonché ai familiari, se inclusi nella domanda di protezione internazionale ai sensi del diritto nazionale”.
La Direttiva, oltre a disciplinare le condizioni generali sull’accoglienza, contiene delle previsioni specifiche in materia di riduzione o revoca delle misure di accoglienza.
In particolare, l’art. 20, par. 1 della Direttiva summenzionata prevede che gli Stati membri possano ridurre o, in casi eccezionali debitamente motivati, revocare le condizioni materiali di accoglienza quando ricorra una delle ipotesi specificamente individuate dall’articolo stesso.
In base al successivo par. 5 “le decisioni di ridurre o revocare le condizioni materiali di accoglienza o le sanzioni […] sono adottate in modo individuale, obiettivo e imparziale e sono motivate. Le decisioni sono basate sulla particolare situazione della persona interessata […], tenendo conto del principio di proporzionalità”.
Il citato art. 20 disegna quindi un sistema graduale di limitazione delle misure assistenziali o, quale extrema ratio, la completa revoca delle stesse ed esclude ogni automatismo, specificando altresì che in ogni caso deve essere assicurato l’accesso all’assistenza sanitaria e deve essere garantito un tenore di vita dignitoso per tutti i richiedenti.
Come noto, il D. Lgs. n. 142/2015, recante “Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché’ della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”, disciplina la revoca delle misure di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale attraverso due differenti disposizioni, l’art. 13 e l’art. 23 che, pur differenti nell’ambito di applicazione, introducono nel nostro ordinamento esclusivamente meccanismi automatici di revoca delle misure di accoglienza, senza gradazione e proporzionalità, in aperto contrasto con la direttiva 2013/33/UE.
Come affermato dalla dottrina, “Il contrasto tra gli art. 13 e 23 del D. Lgs. n. 142/2015 e l’art. 20 della direttiva 2013/33 è insanabile e conduce alla inapplicabilità, in fattispecie, della norma italiana in contrasto con quella europea, anche in quanto adottata in violazione dell’art. 117 Cost.”.
Il vincolo della prevalenza del diritto comunitario vale non solo per gli organi giurisdizionali tenuti ad applicare una certa normativa, ma anche per gli organi della amministrazione dello Stato. Tale erroneo recepimento si riflette pertanto sulla circolare.
E’ stato peraltro rilevato che “Se la pena fosse unica per ogni comportamento, evidentemente si sacrificherebbero, non soltanto i principi di gradualità e quello di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto, ma lo stesso scopo educativo / deterrente della sanzione. Per questa ragione i principi di proporzionalità ed adeguatezza devono ritenersi indefettibili di ogni provvedimento amministrativo in materia” .
Alla luce del quadro sopra descritto si ritiene che la nota della Prefettura emessa in data 22.09.2017 sia in evidente contrasto con la direttiva in particolare con riferimento ai seguenti punti:
- punto 1), che prevede la revoca in automatico delle misure di accoglienza, per l’assenza non autorizzata anche per una sola notte, laddove non adeguatamente giustificata.
- Punto 5) che stabilisce il divieto di fumo, alcool e droghe sia all’interno che fuori dal Centro d’accoglienza e prevede che la violazione dello stesso comporta, senza gradazioni e senza analisi della fattispecie concreta, l’uscita dal programma di accoglienza senza alcuna valutazione del caso concreto.
- Punto 6) relativo alla partecipazione ai corsi di italiano che, in caso di più di un’assenza, stabilisce che venga disposta automaticamente la revoca dell’accoglienza.
Riguardo a tale ultima previsione non può non rilevarsi come la frequenza dei corsi italiano non possa essere considerata come una regola del centro ma possa al più essere considerata come una misura di integrazione e che l’attuale formulazione della norma italiana e della relativa disposizione della Direttiva dell’Unione Europea non prevede la riduzione o la revoca delle misure di accoglienza in caso di mancata adesione ai programmi di integrazione.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, non può parlarsi di comportamenti gravemente violenti nel caso di:
- assenza non autorizzata nelle ore notturne (di cui al punto 1 della circolare)
- violazione del divieto di fumo, alcool e droghe, di per sé (di cui al punto 5 della circolare)
- assenza dai corsi di lingua italiana (di cui al punto 6 della circolare)
- casi di accattonaggio (di cui al punto 9 della circolare)
Pertanto questi punti risultano illegittimi.
Non può inoltre non osservarsi che la Direttiva 2013/33/UE impone in ogni caso agli Stati membri di garantire condizioni di vita dignitose ai richiedenti protezione internazionale e che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già avuto modo di intervenire in materia di condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale nel caso MSS c. Grecia e Belgio resa dalla Grande Camera il 22 gennaio 2011.
In particolare, la Corte ha evidenziato che, sebbene dall’art. 3 Cedu non derivi l’obbligo positivo per gli Stati membri di garantire alle persone sottoposte alla propria giurisdizione il diritto a vivere in una casa propria, né l’obbligo di fornire assistenza finanziaria ai rifugiati politici (§ 249), si deve ritenere che l’obbligo per le autorità dello Stato membro di fornire ai richiedenti asilo un alloggio e di provvedere ai loro bisogni primari discende direttamente dalla legge interna di attuazione della Direttiva 2003/9/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (§ 250), e in particolare, dal suo art. 13, secondo cui gli Stati membri devono assicurare ai richiedenti asilo politico condizioni d’accoglienza adeguate, in natura oppure attraverso la corresponsione di buoni o sussidi.
La Corte ha evidenziato come i richiedenti asilo debbano essere considerati come soggetti facenti parte di un gruppo particolarmente vulnerabile e svantaggiato titolari di un bisogno di protezione specifico (member of a particularly underprivileged and vulnerable population group in need of special protection, § 251), richiamando in particolare la sentenza Oršuš e altri c. Croazia, in cui la Corte europea aveva affermato il principio secondo cui a determinate categorie di soggetti svantaggiati e vulnerabili doveva essere assicurata una protezione speciale rafforzata.
La Corte ha altresì riconosciuto la possibilità di considerare le condizioni di estrema povertà come un trattamento inumano e degradante (decisione nel caso Budina c. Russia, n. 45603/05) e ha valutato come “particolarmente gravi” le condizioni di vita del ricorrente (§ 254) costretto a vivere per strada per mesi.
Ebbene si ritiene che l’automatica e radicale esclusione da ogni forma di assistenza ai richiedenti protezione internazionale porterebbe i richiedenti asilo interessati dalle misure di revoca a vivere in quella situazione di estrema povertà e marginalità già sanzionata dalla Corte e potrebbe costituire una violazione degli artt. 3 (diritto all’integrità della persona), 4 (proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti) e 7 (Rispetto della vita privata e familiare) della Carta europea dei diritti fondamentali e dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Deve inoltre rilevarsi, in merito al punto 3) (degenze ospedaliere) quanto segue:
il trasferimento da un centro ad un altro a conclusione delle cure ospedaliere provoca un danno rilevante in termini di integrazione ed inclusione sociale sul territorio, oltre a costringere il richiedente a:
- a) cambiare CPIA di riferimento
- b) cambiare eventualmente il medico di base
- c) cambiare residenza
Per T.A.R. Campobasso, sez. I, 29/03/2017, n. 116 “La Prefettura-UTG in cui ha sede la struttura di accoglienza che ospita il richiedente asilo, può disporne il trasferimento verso un altro centro di accoglienza "per motivate ragioni" (art. 2, comma 1, D. Lgs. 25/2008; art. 6, comma 5, D. Lgs. 140/2005; all’art. 15, comma 4, D. Lgs. 142/2015).
Il deteriorarsi delle condizioni di salute non può ritenersi motivata ragione di trasferimento.
Ciò vale anche per il punto 7) della circolare
In merito al punto 11), relativo alla durata dell’accoglienza e al fatto che sia prevista la perdita del diritto all’accoglienza nelle 48 ore successive alla notifica dell’esito negativo del Tribunale (punto d), si rileva che in realtà, con istanza di parte si può chiedere la sospensiva del decreto del Tribunale e l’istanza si deve depositare entro 5 giorni dalla proposizione del ricorso in Cassazione.
La controparte può depositare nota difensiva entro 5 giorni dalla comunicazione dell’istanza di sospensione. Il giudice decide quindi entro i successivi 5 giorni con decreto non impugnabile.
E’ illegittimo quindi che il richiedente perda il diritto all’accoglienza nelle 48 ore successive alla notificazione della decisione del Tribunale, posto che il giudice potrebbe accogliere l’istanza di sospensione.
Tutto ciò evidenziato, si chiede l’annullamento della nota sopraindicata in ordine ai profili di illegittimità sopraindicati.
Verona, 9 gennaio 2018
Foto: Melting Pot Europa
Fatti gravi sono accaduti ieri, 11 Gennaio, a Roma. Si continua a costruire la democrazia del silenzio da parte di chi, invece, dovrebbe tutelare la legge. La democrazia e le sue elementari espressioni di libertà, di parola e di movimento sono state messe in discussione, e non per la prima volta, nei vicoli della capitale, nei pressi della stazione Termini, in via dei Mille, quando, un gruppo di persone del sindacato S.I. Cobas, del movimento per il diritto all'abitare e di comitati e associazioni si è riunito per discutere di quel che rimane di Piazza Indipendenza e delle famiglie e persone sgomberate in Via Curtatone ad Agosto scorso e per dire alla stampa che dopo quello sgombero l’unica risposta istituzionale è stata l’arresto di tre persone, incensurate, da tanto tempo residenti in Italia, che il 15 Gennaio affronteranno la prima udienza in tribunale.
I video a disposizione mostrano che un gruppo di poliziotti e poliziotte in borghese è intervenuto ripetutamente per impedire una conferenza stampa, richiedendo i documenti ai presenti, tra cui una attivista della campagna LasciateCIEntrare, Vanna D'Ambrosio, intenta a documentare quanto stesse accadendo.
Ancora una volta ci troviamo a denunciare cosa non va bene. A dover dire che così non è possibile continuare. Che disagi, bisogni e diritti negati, diseguaglianze crescenti non si possono governare con controllo, allontanamenti, sgomberi senza alternative dignitose e minacce. La repressione, agita o agitata, non è lo strumento con cui affrontare i problemi e le necessità sociali. Non lo è mai. Non può esserlo sicuramente in democrazia.
Per questi motivi, ancora una volta prendiamo parola per evidenziare la vicinanza a chi si mobilita per i propri diritti e per i diritti di ognuno. Ricordando che ha diritto di parola ed organizzazione anche chi non è ricco o protetto da qualche potere: un principio che non dobbiamo dimenticare.
Chiediamo di sapere cosa si vuole fare in questa città, come nel resto d'Italia, per quanti si trovano negati il diritto alla casa e all'abitare.
Non abbiamo forse bisogno di chiedere perché si è verificato quest'intervento da parte degli agenti, perché il potere costituito continua a mostrare la sua ferocia contro chi non è né ricco né potente. Pretendiamo risposte su cosa si intenda fare per chi non ha nulla e su cui continuano a ricadere le colpe che sono da attribuire, invece, esclusivamente alle istituzioni inadeguate che stanno generando questi tempi bui.
Campagna LasciateCIEntrare
Terminata la manifestazione organizzata da Carovane Migranti ad Alba assieme ai richiedenti asilo ospitati nei centri d’accoglienza straordinaria di Santa Maria e Roddi, l’associazione denuncia un gravissimo episodio di violenza accorso a un ragazzo appena rientrato nel centro. A., un migrante che era stato investito qualche giorno fa e che ora ha un gesso alla gamba, è stato aggredito dal proprietario del centro, gli è stato sottratto il telefono e rotto insieme alla SIM. Gli attivisti hanno avvisato polizia e 118 mentre A. è stato portato in ospedale per accertamenti. Carovane Migranti e LasciateCIEntrare hanno scritto immediatamente una lettera per denunciare l’aggressione al Prefetto, al Presidente Commissione Diritti Umani del Senato, al Capo Dipartimento delle Libertà Civili e dell’Immigrazione del Ministero dell’Interno e al Direttore Centrale per le politiche dell’Immigrazione e dell’asilo. Di seguito la lettera
Alba, 13/01/2018
Oggetto: Motivata Assenza a partire dal 13/01/2018 di A. nato il 25/10/1998 , cittadino della Guinea Conakry, dal centro di accoglienza sito a La Morra, località Santa Maria
In data odierna il sig. A. partecipava a marcia pacifica ed autorizzata promossa da CarovaneMigranti, con partenza dal centro di accoglienza di Roddi (Enohotel il Convento) ed arrivo nella Piazza Savona del centro di Alba.
La manifestazione si è svolta in forma pacifica ed è terminata intorno alle ore 17:30. A. veniva accompagnato,quindi, presso il suo centro, a Santa Maria La Morra, intorno alle ore 18.
Tra le 18 e le 18:30 abbiamo ricevuto segnalazione di aggressione ai suoi danni da parte del sig. xxxxxxxx, che seguitolo nella sua stanza lo colpiva ripetutamente sull’arto ingessato (tibia sx), strappandogli di mano il telefono cellulare e rompendo di proposito sia la sim card che la batteria, allontanandolo dal centro. I motivi dell’aggressione sono legati esclusivamente alla partecipazione alla marcia, fortemente osteggiata dai gestori del centro nei giorni precedenti.
Ricordiamo che il richiedente asilo era stato investito da un autovettura in data 06.01.2018, da cui aveva riportato lesioni all’arto e lieve trauma cranico (come mostrato in referto allegato). Inoltre, lamentava totale disattenzione al suo stato di salute da parte dei gestori del centro, riferendo di non aver mai ricevuto terapia medica, come prescritto dal medico di pronto soccorso.
Venuti a conoscenza dell’accaduto abbiamo avvisato le forze dell’ordine ed il 118, che ha prontamente inviato un’ambulanza sul posto, trasferendo A. presso l’ospedale di Alba dove si trova attualmente in degenza.
Sottolineiamo che A. è fortemente spaventato e preoccupato per l’aggressione subita, motivo per il quale gli scriventi hanno contattato la Caritas albese che lo ospiterà presso la struttura di Via Pola 13 per qualche giorno, in attesa di poter essere trasferito in luogo sicuro, idoneo al suo stato fisico e psicologico.
Per quanto esposto, il sig. A. sarà assente dal centro di accoglienza per motivata ragione a partire dalla sera del 13/01/2018
CHIEDIAMO CHE
Venga al più presto individuata struttura accogliente in cui il sig. A. possa essere tutelato, in quanto richiedente asilo, così come disposto dal DLgs 142 e dalle normative internazionali.
INOLTRE CHE
Gli venga garantita la possibilità di denunciare, nelle sedi competenti, quanto accaduto, senza essere sottoposto a ripercussioni o minacce ai suoi danni.
CHIEDIAMO INFINE
Che si provveda a tutelare chi ancora si trova accolto nei centri gestiti dal medesimo ente e che in queste ore, in seguito alla solidarietà mostrata nei riguardi del proprio compagno, sono a loro volta preoccupati per possibili ritorsioni nei loro confronti, come del resto già precedentemente accaduto.
Ci riserviamo infine di inviare rapporto specifico sulla gestione dei centri gestiti nella provincia di Cuneo dalla famiglia xxxxxxxx
Cordialmente
Marta Peradotto, Gianfranco Crua, Alessandro Camillo per Carovane Migranti, Yasmine Accardo per la Campagna LasciateCIEntrare
Appuntamento venerdì 26 gennaio dalle ore 18:00 presso il Villaggio Globale di Roma, con "Circolare, prego! Circolando senza limiti": il piccolo aperitivo per la libertà di movimento e concertino del duo "A ruota libera".
Con la partecipazione di Liscìa (che presenta il laboratorio Tik 2.5!), LasciateCIEntrare, Studio Legale Antartide, la scuola di alta formazione di A.S.G.I. - Associazione Studi Giuridici Immigrazione e A.N.P.I. - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
I proventi dell'aperitivo verranno poi destinati a sostenere il viaggio del giovane Galib che circola direttamente dal Congo per raggiungere parenti e amici a Roma.
Per saperne di più, clicca qui.
Non mancate!