A sette anni dalla sua apertura, cessata, per ovvie ragioni, la campagna mediatica dell’albergo a cinque stelle per richiedenti asilo, il Cara di Mineo rimbalza sulla cronaca nazionale solamente per fatti di cronaca nera.
Per ricordare soltanto l’ultimo tragico avvenimento, la notte di Capodanno una donna nigeriana di 26 anni,, Francis Miracle, è stata uccisa dal marito, residente al Nord ma presente, nonostante fosse sprovvisto di badge, dentro la struttura nelle ore in cui è stato commesso il delitto.
Inutile aspettarsi, da parte delle autorità preposte alla sua gestione, una chiara ammissione del fallimento del centro, null’altro che un esperimento razzista e segregazionista, denunciato come tale dalle associazioni antirazziste sin dalla sua apertura.
Il dibattito politico e mediatico si arena sempre sulle misure di sicurezza ( solo per le popolazioni locali non per i migranti), sulla trasparenza della gestione dopo lo scandalo di mafia capitale, sulla necessità di continuare l’esperienza del Cara per fare fronte all’emergenza sbarchi.
Non una parola sulla condizione dei migranti e delle migranti, sui lunghi anni di attesa necessari per ottenere lo status di rifugiato, nei casi rari in cui lo si ottiene, sui percorsi di integrazione negati a migliaia di richiedenti asilo parcheggiati a tempo indeterminato nel Cara di Mineo al solo scopo di mantenere in vita la struttura ed il suo megabusiness.
E, infatti, invece di svuotarsi, nonostante la Commissione parlamentare d’inchiesta abbia chiesto l’immediata chiusura del centro - caso emblematico, non solo perché si tratta della struttura più grande d’Europa destinata all’accoglienza dei richiedenti asilo, ma anche perché rappresenta in qualche modo un caso di scuola delle contraddizioni e dei limiti insiti in un approccio evidentemente fallimentare nella gestione dell’accoglienza - il Cara torna periodicamente a riempirsi (attualmente circa 3000 presenze), non solo per gli sbarchi ma anche per effetto dei neomaggiorenni che, all’immediato compimento del diciottesimo anno, vi vengono reclusi, strappandoli spesso a percorsi già avviati di scolarizzazione e di inserimento sociale.
Riteniamo necessario, tanto più a seguito dell’ondata xenofoba e razzista che sta invadendo il paese, come dimostrano i recenti fatti di Macerata, avviare un percorso per una degna accoglienza che non può avere come modello il Cara di Mineo che ha generato solamente malaffare, spreco di denaro pubblico e, soprattutto, la sofferenza ( fino al suicidio del ventunenne eritreo Mulue Ghirmay nel dicembre 2013) delle donne ed uomini che vi hanno soggiornato e che là dentro non hanno potuto avviare un percorso di ricostruzione del proprio progetto di vita.
Alla gestione securitaria e segregativa del Cara di Mineo esiste un’alternativa, così come dimostrano, anche in Sicilia, le crescenti esperienze di accoglienza virtuosa, rispettose delle persone e dei loro vissuti, realmente interessate a valorizzare la presenza dei/lle migranti come preziosa risorsa per la crescita delle comunità locali e non come schiavi da sfruttare, soprattutto nelle campagne calatine e siciliane .
Per questo facciamo appello ai mezzi di comunicazione a riconoscere che dentro il Cara vivono migliaia di donne ed uomini ed a dar loro voce; invitiamo tutte le realtà antirazziste a riprendere le iniziative di lotta, a fianco delle migranti e dei migranti, per la chiusura del Cara di Mineo .
Rete Antirazzista Catanese, LasciateCIEntrare, CarovaneMigranti, Comitato NoMuos/NoSigonella, La Città felice-Ct, Collettivo Antigone-Augusta, Borderline Sicilia, Cobas Scuola-Sicilia
Info-adesioni : catanianofrontex@gmail.com
Siamo nel pieno della stagione di raccolta delle arance e da Paternò fino al calatino si espande la piaga del caporalato, che costringe centinaia di migranti e braccianti locali a lavorare in condizioni disumane ed in nero.
Lavorano nei campi della Sicilia orientale, in maggioranza migranti marocchini adulti, buona parte con regolare permesso di soggiorno o in attesa di rinnovo.
Nelle giornate lavorative (finora poche a causa della pioggia) i migranti percepiscono 25/ 30 euro al giorno, raccogliendo 40/ 50 cassette (60/65 cc per ogni cassetta) di kg. 20 in oltre 9 ore di lavoro, ma devono pagare 3/ 5 euro al caporale per il trasporto nell'agrumeto.
Mentre consideriamo positive le reazioni dei cittadini solidali e delle associazioni come ANPAS e Caritas di Paternò, che stanno offrendo quotidianamente cibi caldi e vestiario, purtroppo c’è chi attizza ostilità nei confronti dei migranti, perchè “farebbero concorrenza sleale” ai lavoratori locali: quindi il problema non è debellare il lavoro in nero , ma evitare di parlarne condannando all'invisibilità i migranti.
Da anni denunciamo che uno stato debole con i forti e forte con i deboli non è uno stato di diritto. Nessuno nel Comune di Paternò è a conoscenza che durante la raccolta delle arance (da almeno 10 anni) arrivano nella zona centinaia di lavoratori migranti stagionali? É così difficile costruire una mappatura dei mezzi di trasporto dei caporali e dei proprietari degli agrumeti? Che ci stanno a fare le organizzazioni sindacali locali, se non riescono a costruire solidarietà fra lavoratori locali e migranti?
Troppo spesso le istituzioni sono indifferenti e/o colluse con l'evasione contributiva di tanti padroni senza scrupoli, che condannano tanti migranti, in maggioranza in regola con il permesso di soggiorno, alla clandestinità ed all'espulsione (grazie alla vergognosa legge Bossi-Fini). Invece di fare emergere il lavoro nero e di regolarizzarlo, rispettando il salario e l'orario contrattuali, si spingono centinaia di migranti nella rete di sfruttamento dei caporali, che a volte tentano perfino di evitare di corrispondere la misera retribuzione.
Il principio di “Uguale salario per uguale lavoro” o diventa la bussola dell’associazionismo antirazzista o la differenziazione etnica dei salari può innescare fratricide guerre fra poveri (in presenza di questa disastrosa crisi economica), contrapponendo lavoratori italiani e migranti e migranti di diversa nazionalità e condizione.
Da mesi sta emergendo la drammatica condizione delle migliaia di richiedenti asilo, segregati nel mega-Cara di Mineo: vivendo in condizioni d'indigenza, dato che il pocket money giornaliero viene da anni corrisposto in sigarette, molti sono spinti a vendere la loro forza-lavoro “usa e getta” per 15 ed a volte 10 euro al giorno lavorando negli agrumeti del calatino.
Se ci si ostina a non voler distinguere le vittime dai carnefici, i diritti dei migranti e di tutti i lavoratori verranno sempre più calpestati.
Al peggio non c'è mai fine se lo permettiamo noi. Invitiamo la cittadinanza di Paternò ad esprimere la loro concreta Solidarietà ai migranti e a tutti i lavoratori.
Rete Antirazzista Catanese, Campagna LasciateCIEntrare
Apre a Roma, presso il Villaggio Globale (Ex Mattatoio Testaccio), il nuovo sportello dedicato agli operator i sociali di settore e a tutte le donne, uomini e nuclei familiari migranti che hanno bisogno di consulenza specifica nel settore legale, burocratico amministrativo, sanitario, vittime di trafficking o altre necessità che possano riguardare i di ritti o i servizi negati.
Lo sportello, che inaugurerà il prossimo 9 marzo, sarà al pubblico tutti i martedì, dalle 16:00 alle 18:00.
Hai bisogno di noi? Vieni a trovarci o invia ora un messaggio alla nostra pagina Facebook "Sportello Globale".
Un progetto promosso da Villaggio Globale, Associazione K_Alma e Campagna LasciateCIEntrare.
Perché i diritti di ognuno, sono i diritti di tutti.
Le intimidazioni e le minacce agli attivisti di Baobab ed ai migranti accolti sono l’ennesimo atto di viltà che la destra fascista sta diffondendo in tutt’Italia, capaci solo di seminare odio e terrore, servi di un’ideologia che non costruisce nulla se non terrore e pochezza.
Chi non sa costruire nulla distrugge, vilipende e umilia chi sa farlo.
Il Baobab costruisce bellezza ed è riuscito in questi anni a trasformare le difficoltà in opportunità per le persone in arrivo, rappresentando uno dei pochissimi luoghi di accoglienza della città di Roma, costruendo un’alternativa lì dove nessuna delle Istituzioni ha voluto trovare soluzioni dignitose per le persone.
Gli attivisti costruiscono lì dove tutti distruggono o tergiversano in un mare di nulla o peggio in una facilitazione di atti di violenza ed orrore. Facilitazione e complicità sì, perché le Istituzioni (quelle locali della giunta Raggi e quelle nazionali) che non sono state e non sono in grado di cercare soluzioni ai problemi sociali, loro preciso compito, non fanno che permettere con noncuranza il dilagare di sistemi corrotti e violenti. Il fascismo s’inquadra in questo: alla non curanza, l’inadeguatezza ed alla corruzione istituzionale risponde con l’aggressione becera, la distruzione, la violenza, la negazione dell’uomo.
L’istituzione diventa così fascista perché non sa e non vuole né pensare né agire,quindi abbatte: ce lo ha fatto vedere bene il Governo Minniti in questi anni ed con maggiore violenza negli ultimi giorni, dopo i fatti di Macerata.
Nella miopia della ricerca di soluzioni alternative ha alzato muri, soppresso, picchiato,ucciso. Questo è il fascismo ed ha dato e sta dando spazio al ritorno nella vita di tutti i giorni delle pulsioni più becere ed orride dove non c’è spazio per il dialogo né per la comprensione reciproca ma solo per la violenza cieca.
Gli attivisti si trovano quindi a dover affrontare il doppio compito di sopperire alle mancanze criminali del sistema istituzionale ed a costruire difese contro la distruzione fascista nelle strade.
A questo duplice compito si aggiungono la forza delle idee, il coraggio, la fantasia e l’ironia come strumenti trasversali per costruire il mondo che sogniamo. Il Baobab Experience fa questo ogni giorno, in silenzio, eroicamente, ascoltando sempre i respiri delle persone in arrivo,senza mai tirarsi indietro. E’ questa la rivoluzione: quella che si gioca minuto per minuto nelle azioni di ogni giorno. In questo percorso noi tutti camminiamo e “se vale la pena rischiare siamo disposti a perdere l’ultimo frammento di cuore” e resteremo al fianco al fianco degli uomini,delle donne e dei bambini del Baobab.
D’ora in avanti più di prima, più numerosi perchè non permetteremo mai che la violenza della cecità fascista l’abbia vinta.